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1996

Lugano
 
Galleria L'Incontro (presentazione di Dalmazio Ambrosioni)



Marina, tempera, 29,5x42, 1998

Dalmazio Ambrosioni
Paesaggi interiori di Ro Milan


La pittura come canale privilegiato per l’espressività e la comunicazione. Ro Milan conferma, con la mostra in corso alla Galleria L’Incontro di Lugano, come la natura possa essere il tema, il veicolo, per far passare una serie di messaggi che riguardano precisamente l’uomo. Quell’uomo figurativamente assente dall’opera dell’autore di Chiasso – oli, tempere, pastelli, una matita – ma presente come elemento di riferimento. Quella di Milan, quando non è una natura con impressi i segni dell’opera umana, ne assume simbolicamente alcuni tratti.

Il figurativo è quindi superato nella sua descrittività. Anche là dove il paesaggio pare riprodotto fedelmente (ma sono sempre paesaggi interiori) la pittura di Milan lo riprende da una prospettiva metafisica. Le sue atmosfere sospese, che preludono ad altri significati attraverso la concentrazione di elementi-simbolo (l’albero al crocicchio, il territorio ordinatamente suddiviso su piani prospettici ecc.) ricordano quelle per noi classiche di un Alberto Salvioni. Si inseriscono di diritto in una pittura non delle cose ma dei contenuti.

Ro Milan è anche scrittore e poeta (basti ricordare “Il carnevale di Mario” Lema Edizioni) e ha il merito di saper comunicare con immediatezza. Ossia recuperando le buone regole della pittura, esatte scansioni attraverso le quali il quadro è strutturato. Non cura il bozzettismo, cerca scenari ampi ed aperti, spesso su un cielo minaccioso che contrasta fortemente, una sorta di perenne combattimento con la lievità delle sue nature. Questi quadri tendono verso un’individuazione precisa delle situazioni, volta ad uscire dai “garbüi” come direbbe il poeta Amleto Pedroli. Dalle situazioni intricate e senza uscita, per puntare verso una definizione che avvicina ad un altro maestro nell’andare alle radici delle cose, ossia il Piero Bianconi dell’Albero genealogico.

Questo ritorno alle radici, sia in senso pittorico che di contenuti, contraddistingue la parte migliore dell’opera del pittore di Chiasso. Là dove non cede alla tentazione del bel paesaggio ma cerca, nella natura, i segni dell’avventura dell’uomo. Lo fa attraverso metafore pittoriche di notevole spessore sul piano del segno e del colore. Lo fa soffermandosi sul concetto del territorio come luogo manifesto in cui si svolge l’attività e, soprattutto, si dipana la presenza dell’uomo.

Giornale del Popolo, Lugano, 9 Dicembre 1996

   



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